Friday, June 29, 2007

Erano gli anni Novanta.
Era il periodo delle camice di flanella,
dei calzini bianchi insieme agli anfibi,
dei jeans ridotti a brandelli
e delle converse all star che si potevano acquistare anche al mercato.
Era il decennio del rock alternativo.
Era il decennio di Nevermind e dei Nirvana, di Grace di Jeff Buckley e della loro morte,
il decennio dei Pearl Jam e di Ten,
il decennio in cui i Radiohead raggiunsero l'orgasmo con OK Computer.
Era il decennio di Beverly Hills e di Melrose place, dell’AIDS e dei tabù più disparati.
Era il decennio del grunge e della generazione X.
Era il decennio delle droghe sintetiche.
Era il decennio che vide nascere il crossover e tutte le sue varianti.
Era il decennio di “children” di Robert Miles, di Corona, di Skatman John e della dance più scandalosa.
Era il decennio della scomparsa di Lady D e Madre Teresa di Calcutta.
Dario Fo vinceva il Nobel per la letteratura.
A San Remo vincevano Elio e le Storie tese con “la terra dei cachi”.
Erano gli anni Novanta.

dome

Saturday, June 02, 2007

IL TEATRO DEGLI ORRORI -DELL'IMPERO DELLE TENEBRE-


Siamo di fronte ad una delle più maestose esibizioni di rock applicato alla musica d'autore che l'Italia indipendente ricordi da parecchi anni. Dopo aver massacrato tutti i palchi con l'impeto primordiale degli One Dimensional Man, Pierpaolo Capovilla realizza il suo capolavoro assoluto. E lo fa anzitutto con la costruzione di una formazione strepitosa: Giulio Favero (ex ODM, ora apprezzato produttore) al basso, Gionata Mirai (Super Elastic Bubble Plastic) alla chitarra e l'istrionico Francesco Valente alla batteria. Quattro musicisti impressionanti per coraggio, attitudine, carisma e presenza scenica. "Dell'impero delle tenebre" è un'opera rock che toglie il fiato e spreme gocce di sangue direttamente dal cuore. Fusione tra l'insegnamento dei Jesus Lizard più urticanti e l'espressività monolitica dei Melvins, attraversando decenni di hard rock, inteso nella sua accezione più malata e primitiva. Eppure in queste canzoni c'è molta Italia, quella di De Andrè. Delle canzoni scritte con lo sguardo di un cantastorie che scuote i dettagli della realtà per condensare in una sola grande scena i fatti quotidiani, le denunce sociali e gli stati d'animo interiori. Un tessuto narrativo crudele, passionale, violento, fatto di poesie febbrili e monologhi nevrotici. Sintesi magnifica di ispirazione letteraria e fuorore strumentale, senza dimenticare una forma melodica che spesso scorre invisibile nelle trame dirompenti di chitarra, per manifestarsi improvvisamente come un sogno visionario. Disco spaventoso. Inebriante. Per il cuore, per lo stomaco, per il cervello.


da rumore